Simm comm a l'ali e na palomma, sule stann astritte riuscimmo a vulà
CULTURA


13/03/2010 Passi di pace a Roma. Con Thich Nhat Hanh

COLTURA
Raduno a piazza S. Marco. Siamo noi in anticipo o non c'è flotta, non si vede neanche piazza S. Marco; questa, così grande da non cercare nessuno è piazza Venezia, ma piazza S. Marco non era a Venezia? Sono cinica e disinteressata anche della speranza di trovare il raduno. Invece eccola qui piazza S.Marco, di fianco a piazza Venezia, nascosta dietro l'altare della patria, come una cripta. Nessuna flotta. I vestiti sono sparsi su una grande aiuola in mezzo a una rotatoria. Le macchine, le autoambulanze, i vigili e gli autobus ci girano intorno, tanti in una strada larga, eppure l'aiuola lì in mezzo che dovrebbe fare da innotabile sfondo, oggi sembra esserci con più evidenza del resto, e del solito. Vestiti colorati seduti sulle panchine, sull'erba o in piedi sotto un albero; mi sembra la solita adunata scoutistica, ma non ci sono foulard a forma di cravatta slacciata, ci sono donne e giovani di tutti i colori, nero e un po' bianco di capelli rasta, bianco grigio della donna di età, bella, il rosso delle facce dipinte col pennarello, il bianco e il rosa delle ali portate dietro la schiena al posto dello zainetto, il giallo, il verde, sono così tanti a vestire comodo, di stoffe, anche il marrone qui è bello, sulle tonache di un gruppo di monaci, e monache. Indiani? Chissà cosa portano da lì, che aria di casa che hanno eppure sembrano appena arrivati. Mi allontano e giro intorno alle frasche poderose degli alberi, sembra che sto giocando a nascondino come Adamo ed Eva, invece no, sto girando intorno, e scopro che ho fame. Mangio un panino, vado e vengo, ma oggi a nessuno può disturbare la mia irrequietezza. Sono tutti davvero calmi.
Un gruppo di vestiti comodi e colorati è seduto a terra, in semicerchio, ripetono e imparano dei canti. Sento la voce che viene dal palco, ma non lo vedo il cantore, perché sono dietro l'albero. Che voce da cherichetto, mi dico. Finito di mangiare mi sposto, e vedo le tuniche marroni che erano sulla panchina, ora lì su quel piccolo palco e di fianco a loro c'è lo striscione "passi di pace". Finiti i canti cominciano le istruzioni. In here and in how, una voce decisa mi chiama al presente e mi fermo ad ascoltare, a prendere tutte le istruzioni. La traduzione appartiene alla stessa voce del cantore, che ora vedo. E' alto, biondo, con la lingua di qui ma con le ali di un altro paese, fa la voce alta per farsi sentire, come se non avesse il microfono. Le parole inglesi sono chiare e sicure, ma la traduzione italiana è sofferta, mansueta. Mi soffermo sul giovane per scovare le fragilità umane della timida che sono anche io, penso che non vorrei essere al suo posto. Ma nella sua timidezza lui è calmo. E traduce, mentre sente le parole del maestro. Eh già, il suo maestro con le parole di un'altra lingua; quanta forza che dà quest'uomo piccolo. E allora mi volto.
Un piccolo vecchio uomo con la tonaca parla inglese con una voce bassa ma chiara, è sicuro che tutti lo sentono anche se la rotonda si sta trasformando in un largo raggio di ascolto, ed è così. A volte il suo sorriso sembra risuonare da noi qui. E' lui il fondatore del movimento spirituale che rischia di scalzare il popolo fedele al Vaticano? Seppure non fosse lui, sarebbe uguale la forza di quello che dice. Eppure non fa che suggerire, con voce non tirata al pubblico, inviata, ma chiara. "Siamo venuti qui da ….(non mi ricordo più, nomi francesi, forse) per farci una passeggiata con voi". Sembra poco e facile. È un maestro che non disturba il tuo progresso millantando le sue proprie difficoltà infinite nel raggiungere l'attuale stato. Lui la fa chiara.
Sono qui perché sono convinti che 500 persone tutte assieme possono raggiungere più facilmente il risultato di esserci presenti con i piedi ben collegati al suolo e sentire la vita, il respiro, gioire nel presente, per andare al di là di ogni negatività. Sono convinti che Roma ne gioverà, di questa passeggiata. E si vede che sono contenti per Roma e per l'Universo intero, solo perché tanta gente qui mostra questa calma e fervida concentrazione. Alcune suore sorridono soddisfatte mentre ci guardano. Come vedere un pulcino sbattere le ali per la prima volta, aiutato dalle aquile che sanno volare in alto. "Qualcuno tra di voi è già capace di camminare ed essere nel presente al 100%, ma non lo sa". Sarà da come mi sento carezzata di sorrisi, ma io mi metto tra quelli. E mi metto ad ascoltare per re imparare tutto.
Respirare: lezione. "Inspirando, fate entrare il futuro senza paure ansie o timore. Espirando, lasciate andare il passato, senza pentimenti o rancori. Con i piedi sentite la libertà di appartenere all'Universo. E' libero dal passato e dal futuro, chi è nel momento presente al 100% if you enjoy the present, non hai più bisogno di una casa". No? Davvero! Lo ascolto senza sforzo io che sono un poco sorda, al momento senza una vera casa dove tornare, e sono in un raggio di fianco quasi dietro al palco, lo ascolto e lo capisco. Mi spiega il valore delle mie esperienze, delle volte che i piedi mi hanno detto, sei libera. "Mettete il vostro brain, cervello, giù ai vostri piedi. Vi chiedo un favore, di sentire tutti, mentre camminate, la terra con i piedi". Difficile con le scarpe, ma si può fare. Dopo tutte le indicazioni, segnate in cuore, partiamo. "Godete del vostro presente, in here and in now". Ora siamo circondati da una rete di fotografi e da grappoli di occhi sgomenti. Stiamo invadendo la grande strada in un silenzio assoluto. E con questo comincio a godere il momento presente. Andiamo pianissimo. Ma non è solo perché siamo in partenza; questo è il passo. Tocco la terra con tutto il tallone. L'asfalto. Oltrepasso l'asfalto e sono con l'Universo. Abbracciata dalla gioia di un amore libero. Mi sento in diritto di passare. Passo. E sulla curva vedo quanti ne siamo, davanti c'è la polizia, come alle manifestazioni, ma qui mi sembra ridicola, quel carro dai colori così fitti mentre qui tutto è tenue, ma di un tono più forte. Mi immagino che stiamo facendo il funerale alla polizia, tanto andiamo piano dietro di lei.
Due passi per inspirare, due per espirare, il ritmo va d'accordo con il mio respiro. Una signora vuole sapere che è successo, perché andiamo tutti così piano e siamo così zitti; era convinta pure lei di un funerale, invece un'altra signora con la stessa età ma con un'altra storia, le ha fatto vedere il libricino di presentazione e lei se n'è andata schifata e delusa, per la pace!, dice. Tutto questo silenzio per una cosa impossibile. Secondo la signora deve essere più possibile la morte. Ma non importa, un sorriso mi viene da dentro ai piedi e mi tiene su, perché nel frattempo mi sento come una bambina che impara a fare i primi passi, un po' barcollo, ma mi ci diverto. La testa è un palloncino ma i piedi sono felici di sentire la terra. Quando stiamo entrando a Piazza Navona rallentando ci fermiamo. Succede anche alle manifestazioni. In genere le file mi fanno innervosire. Ma qui invece di finire sotto i lacrimogeni, passiamo tutti con grande diritto, anche di fianco gli sgomenti, fino a che l'ingresso in piazza Navona di questa fiumana, questo esercito di respiri che entra attraverso il vicolo trasuda vittoria; tanto che alzo le braccia. Questo è. Ci sediamo in terra, con una calma e una forza che ora mi ricorda il pianeta verde; eppure qui siamo seduti sull'asfalto. Non c'è comizio tanto che nessuno è alzato, sono tutti seduti in terra. Ma non è un seat in dove in genere non si attende nulla. Il silenzio ora è attesa, benestare. Mai sentito un silenzio così vitale. Ascoltiamo e tutti siamo in posizione di ascolto dell'Universo Armonioso, vedo con un occhio interno l'omino coi baffi e scuro in volto che mi ha generato, la sua buona presenza è tutto intorno, gioisce con me? Le parole che arrivano dal piccolo palco sono istruzioni da visualizzare come "invitate vostro padre a gioire con voi", ma non incastrano nel voler condurre, e a volte sono precedute dall'esperienza.
La campana ha un suono che si prolunga, ma giusto il primo mi ha voluto svegliare di colpo. O riaddormentare. Un piccolo monaco alzato suona una grossa campana, le mie orecchie come calamite si alzano verso il suo suono. Mi dicono che è lui Thich Nhat Hanh. Intorno a me la calma è coloratissima. Una giovane donna si risveglia stiracchiando le braccia e carezzando l'aria come fosse l'alba. La guardo e penso, che bella. Lei sorride, lo sa. Quanta fortuna umana ho vicino. La vita è così, non sai mai se dormi o sei desta.

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Crediti e Contatti
© 2010 Francesca Picone