Simm comm a l'ali e na palomma, sule stann astritte riuscimmo a vulà
CULTURA


LA FAMIGLIA

COLTURA
Il più delle volte è una polveriera, teatro compiaciuto di una guerra fredda, o il trampolino da cui si lancia chi non vuole più guardare indietro. La famiglia italiana miete pulcini e falchi. Qualcuno rimane intrappolato nel suo nido, qualcuno parte. E' così che la vita sociale diventa un esilio.
Ma la famiglia resta.
Resta la famiglia post sessantottina e il quotidiano sul tavolino basso davanti al divano, restano i figli ingrati di una generazione in lotta e i centri sociali, restano le raccomandazioni e le recriminazioni, restano le madri casalinghe e le canottiere di lana, restano i figli troppo alti col viso quadrato sul corpo armadio, restano i fuoriusciti che riempiono sampietrini e piazze di culi, di canne e di una mano tesa, restano i vagabondi che hanno lasciato casa per mettersi al servizio di un signore, resta un cartello, bianco, aiutatemi vi prego cerco lavoro, resta la pelle di una ragazza troppo bianca, sembra una donna, anche se è in ginocchio.
Resteranno, sempre, i vecchi incuriositi dalla pelle di una ragazza straniera che sembra una donna, è seminuda, non l'avevano mai vista prima, una così.
Resteranno le donne ingrassate dalla gravidanza, complici con le comare di un tempo, astiose con le nuove ragazze. Resteranno le liti tra giovani e vecchi alle poste, negli autobus o in sala d'attesa, fuori la porta e il lettino del dottore.
Restano i figli e gli sbotti, gli occhi rivolti al cielo e la faccia girata in una smorfia di disgusto, restano le parole, che schiaffeggiano una madre e il suo doppio lutto: morta l'emancipazione, e morto l'amore. Restano gli schiaffi di un padre presente o di una madre sola.
Restano i ragazzi e i walkman, le auto che vanno sulla musica invece che sulle ruote, restano le classi e i raccomandati pure quando non c'è da lavorare, restano gli esclusi e il monito di Pasolini, restano gli handicappati, restano le fasce sociali, restano i paninari brava gente e sempre al centro, restano i punk, sul marciapiede, un colpo all'occhio.
Restano i giovani, rampanti, tutti; pure i punk un giorno avranno le spalle alte, appuntite, e un corpo conformato alla giacca. Restano i ritardatari, quelli che hanno un vuoto nel curriculum perché erano da qualche parte a sognare; qualcuno rientrerà, si metterà in riga e farà carriera, presto, il padre può farlo rientrare e non aspettava che questo; penseranno di essere fortunati, i ritardatari, come il figliol prodigo possono vantare una gioventù trascorsa e sicurezza per l'avvenire. Non sanno di essere inculati due volte. Figli del padre e del padrone.
Restano i giovani che volevano tornare ma non ce l'hanno fatta e quelli che non sono mai partiti. Non avevano i soldi.
Restano i giovani che partono, davvero e per sempre, perché è una scelta. Dieci anni in Inghilterra e l'illusione di aver rotto con le radici. Presto qualcuno si sposa, e la coppia italo-inglese preferisce sempre l'Italia. Qualcuno non si sposa, e torna in Italia perché da vecchio sarà solo, e vuole esserlo in compagnia dei suoi cari.
Restano allora i Cari, nonni, che a volte vivono in casa, a volte in ospizio, dipende dalla disponibilità finanziaria. Resta la malattia senile, che ripercorre nei gesti della follia inventata, le abitudini e i desideri di una vita intera.
Gli adulti sono scomparsi, o forse non sono mai esistiti.

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Crediti e Contatti
© 2010 Francesca Picone