ROMA
- La commissione di Vigilanza Rai non cambia idea. I talk show restano
sospesi. A San Macuto la maggioranza è compatta, l'opposizione
continua invano a chiedere che il Cda Rai riveda il regolamento. Ma
ormai la decisione è presa: niente dibattiti sulla Rai fino
alle elezioni Regionali
La giornata si
chiude con un comunicato scoraggiato del presidente Garimberti: "Mi
spiace che la vicenda della sospensione dei talk show sia stata sintetizzata
come uno scontro tra me e il Presidente della Commissione di Vigilanza,
Sergio Zavoli. Ho molto rispetto per il Presidente e per il suo ruolo.
Sia io che lui volevamo la stessa cosa: i talk show in onda. Non è
stato possibile e, come è sotto gli occhi di tutti, non è
dipeso nè dalla mia nè dalla sua volontà".
La giornata. In mattinata proprio Garimberti aveva fatto un appello
alla Vigilanza, a maggioranza Pdl: "Mi aspetto che batta un colpo.
Questa storia di rimpalli comincia dal regolamento, che è illegittimo,
formulato in modo sbagliato e che presenta profili di incompatibilità
con la legge del 2000''. Quindi, che il colpo sia chiaro, netto e
definitivo affinché questa storia finisca una volta per tutte.
Ci sta tormentando da troppo tempo".
"Lo stop
dei talk rende un pessimo servizio alla Rai, all'informazione e agli
utenti. Ma la colpa non è solo dalla Rai è ab origine
e quindi è del regolamento. Quando ci viene detto da Beltrandi
che potevamo andare in onda lo stesso, io rispondo che sì lo
potevamo fare ma a rischio. Troppo facile dire 'potevate andare in
onda con il rischio'".
Passano poche
ore, e dalla Vigilanza arriva la conferma che non c'è in vista
alcun cambio di rotta. L'orientamento emerge nel corso dell'audizione
del direttore generale della Rai Mauro Masi. Indietro non si torna.
I talk del servizio pubblico non ripartono.
Zavoli: "Basta rimpalli". "L'opinione pubblica giudica
stucchevole questo rimpallo sul regolamento per la par condicio, una
querelle, un ribollire di cose, che riproducono sempre la stessa situazione
senza venire a capo di nulla" commenta il presidente della commissione,
Sergio Zavoli. Ribadendo che "il regolamento non giustifica l'idea
che si possa mettere la mordacchia alle trasmissioni di approfondimento
politico" e ricordando che "la Vigilanza aveva già
battuto un colpo, chiedendo ai vertici dell'azienda di simulare con
urgenza un palinsesto che salvasse i talk show".
La mediazione
fallita. Zavoli avrebbe tentato anche un estrema mediazione, poi fallita.
Secondo quanto riferito da alcuni parlamentari il presidente aveva
proposto di votare un documento interpretativo del regolamento. Una
proposta bocciata in quanto non era stata formalizzata nè messa
all'ordine del giorno. La maggioranza, quindi, è rimasta compatta
sul non modificare nulla.
Masi minimizza.
Con lo stop ai talk show "la Rai non perde un euro, perché
gli inserzionisti recupereranno con gli spazi pubblicitari in altri
orari" e in ogni caso "l'azienda nel suo complesso stravince
negli ascolti". Mauro Masi smentisce ricadute negative per il
servizio pubblico. Minimizzando lo stop ai talk: "Non è
vero che sono stati sospesi tutti gli approfondimenti ma solo quelli
in diretta che l'applicazione del regolamento rendeva impossibili:
infatti Report va in onda, e così anche Parla con me e in radio
Un giorno da pecora".
Il ricorso dei
consumatori. Per la mancata fornitura del servizio pubblico d'informazione
con lo stop ai talk show in periodo pre-elettorale, Altroconsumo ha
deciso di portare avanti una class action contro la Rai e chiede il
risarcimento del danno subito dagli utenti che non possono fruire
del servizio pubblico d'informazione. "Gli utenti pagano il canone
per un servizio d'informazione - si legge nella nota -. Servizio che
è stato sospeso arbitrariamente per decisione del CdA Rai e
che invece può essere fornito dalle emittenti private, dopo
la bocciatura del Tar Lazio del provvedimento Agcom per Sky, La7 e
Mediaset". In oltre 5mila hanno firmato la petizione per la sospensione
del pagamento del canone tv a sostegno della richiesta di Altroconsumo
di ripristino dei programmi d'informazione e in difesa dell'articolo
21 della Costituzione. Dalla petizione ora si passa alla class action.
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